La base di un ottimo gelato, specialmente nei gusti classici come il fiordilatte o la crema, è inevitabilmente legata alla qualità del suo ingrediente principale: il latte. La scelta tra l’utilizzo di latte crudo per il gelato e il suo omologo latte pastorizzato è da sempre al centro delle discussioni tra gelatieri, non solo per ragioni legate al gusto e alla consistenza, ma anche per i rigorosi aspetti normativi che ne regolano l’uso in laboratorio. Questo dibattito si gioca su due fronti: da un lato l’esaltazione dell’aroma naturale e della ricchezza nutrizionale, dall’altro l’imperativo della sicurezza igienica e della stabilità del prodotto finito.

Approfondiamo la questione per scoprire quale scelta non solo sia migliore, ma anche e soprattutto più sicura.

Latte crudo nel gelato: sapore intenso e rischi microbiologici

Il latte crudo impiegato per la preparazione del gelato non è altro che il latte appena munto, che non ha subito alcun trattamento termico al di sopra dei 40°C. Il suo principale vantaggio è di natura organolettica: preserva intatte le caratteristiche del sapore, i sentori floreali o erbacei derivanti dalla dieta dell’animale e le proprietà nutritive, incluse le vitamine termolabili e gli enzimi naturali. Questa ricchezza aromatica permette di ottenere un gelato dal gusto più autentico e coinvolgente, particolarmente apprezzato nella gelateria artigianale di nicchia o nelle agri-gelaterie che lavorano la materia prima a “chilometro zero”.

Tuttavia, il rovescio della medaglia è la sicurezza igienica. Il latte crudo, non essendo trattato, può contenere una flora batterica variabile, inclusi potenziali agenti patogeni (come Salmonella, Listeria o E. coli). Per questo motivo, la sua conservabilità è estremamente ridotta e il suo utilizzo in laboratorio è rigorosamente regolamentato, richiedendo controlli e procedure di igiene meticolosi e costanti per mitigare i rischi.

Il latte pastorizzato: stabilità e sicurezza

Il latte pastorizzato è il risultato di un trattamento termico (generalmente a 72-85°C per un breve periodo) che ha lo scopo di eliminare la maggior parte dei microrganismi patogeni, prolungandone significativamente la conservazione rispetto al latte crudo.

La sua diffusione in gelateria è predominante per la garanzia di sicurezza che offre. Dal punto di vista tecnico, il latte pastorizzato garantisce una composizione più standardizzata in termini di grassi e proteine, contribuendo alla stabilità della miscela e a un risultato finale più costante nel tempo. Nonostante il processo di pastorizzazione possa attenuare in parte il profilo aromatico originale del latte, i produttori di alta qualità latte gelato lavorano con temperature e tempi minimi per preservare al meglio le sue caratteristiche organolettiche. Inoltre, la stabilità microbiologica del latte pastorizzato semplifica notevolmente le procedure di autocontrollo HACCP in laboratorio.

La pastorizzazione in gelateria: un obbligo normativo

Indipendentemente dalla scelta iniziale della materia prima (crudo o pastorizzato), la normativa italiana impone specifici obblighi di trattamento termico per la produzione di gelato, volti a tutelare la salute del consumatore finale.

Se un gelatiere utilizza latte crudo come materia prima, la legge (in particolare le ordinanze ministeriali e le circolari del Ministero della Salute) impone l’obbligo di sottoporlo a un trattamento di pastorizzazione (alta o bassa) all’interno del proprio laboratorio e, comunque, entro 24 ore dalla mungitura. Questa “ripastorizzazione” non è facoltativa, ma un punto critico di controllo (CCP) all’interno del sistema HACCP.

Per questo motivo, la distinzione fondamentale nel prodotto finale non è tanto tra “gelato con latte crudo” e “gelato con latte pastorizzato”, quanto nella fonte e nella gestione del latte base. Un gelatiere che acquista latte crudo lo fa spesso per la garanzia sulla filiera e per il profilo organolettico di partenza, ma deve comunque seguire l’iter della pastorizzazione in gelateria per renderlo sicuro.

Il giusto equilibrio tra etica e tecnica

In definitiva, la scelta del latte migliore per il gelato è un compromesso consapevole tra l’etica dell’artigiano che ricerca l’eccellenza aromatica nel latte crudo e la responsabilità del professionista che deve garantire la massima sicurezza alimentare. Il latte crudo offre un potenziale di sapore superiore, ma richiede procedure di gestione e trattamento termico in gelateria stringenti; il latte fresco pastorizzato, d’altro canto, fornisce una base sicura e stabile, consentendo al gelatiere di concentrarsi sulla bilanciatura degli altri ingredienti e sulla tecnica di mantecazione.

In entrambi i casi, è la meticolosità nella lavorazione e l’adesione al piano HACCP che determinano la vera qualità finale e la sicurezza del prodotto senza, ovviamente, intaccare in alcun modo la bontà di un vero gelato artigianale italiano.

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